12 GIUGNO: GIORNATA MONDIALE CONTRO LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE

 “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di crescere un fior di birbone“. Così comincia una delle novelle di Verga più famose, “Rosso Malpelo”.  Dietro questa novella c’è la denuncia del lavoro minorile (tramandato da Padre in Figlio), di una società statica, senza pietà,  immutabile ed ingiusta. Un altro scrittore che si è occupato di questa tematica è Luigi Pirandello, il quale tuttavia nel finale della novella “Ciaula scopre la luna” sembra dare al protagonista la speranza di un avvenire migliore: la luce della Luna rappresenta infatti una possibilità di vedere qualcosa. Rosso Malpelo e Ciaula sono i due “carusi” più famosi, e “Carusu” deriva dall’espressione latina carens usu che significa “mancante d’esperienza”. Nello specifico, il termine caruso era riferito ai minorenni dell’ Italia Meridionale.
Secondo la legislazione dell’epoca, era illegale far lavorare un minore di 12 anni, anche perché una (ai tempi) recente legge stabiliva che la scuola dovesse essere obbligatoria per i bambini fino alla terza elementare. Questa normativa veniva, comunque, violata. In genere la situazione di sfruttamento era gestita da lavoratori adulti, che prendevano i carusi come assistenti. Ai genitori dei carusi veniva corrisposto un pagamento anticipato di circa 100, 150 lire. La paga dei carusi era, però, di pochi centesimi al giorno, quindi la situazione di semi-schiavitù poteva protrarsi per anni.
“Quando l’infanzia muore, i suoi cadaveri vengono chiamati adulti ed entrano nella società, uno dei nomi più garbati dell’inferno. Per questo abbiamo paura dei bambini, anche se li amiamo: sono il metro del nostro sfacelo.
Brian AldissThe Trillion Year Spree, 1986 ”

Oggi sono 215 milioni i minori sfruttati nel mondo e la metà di questi è coinvolta nelle forme peggiori come lo sfruttamento sessuale.
In India circa 7 milioni di bambini e ragazzi under 14 anni non hanno accesso all’educazione e circa il 50% di loro abbandona gli studi prima di aver completato la scuola dell’obbligo.
Il Brasile, l’ottava potenza economica mondiale per Pil totale, con un reddito medio annuo pro-capite pari a 4.440 dollari, il più elevato tra tutti i Paesi del Sud America, c’è uno sfruttamento minorile altissimo.
La Costituzione Brasiliana proibisce il lavoro dei bambini al di sotto di 14 anni; inoltre proibisce anche il lavoro notturno, pericoloso e nocivo per i minori di 18 anni. I bambini tra i 12 e i 14 anni possono lavorare unicamente se le mansioni intraprese hanno caratteristiche di apprendistato, mentre quelli al di sopra dei 14 anni possono venire assunti a patto che siano garantiti loro gli stessi diritti dei lavoratori adulti, oltre la possibilità di continuare a studiare, inoltre i datori di lavoro hanno l’obbligo di assicurare un ambiente di lavoro sano e orari compatibili con quelli del sistema scolastico. Ma nella pratica nessuna di queste regole viene messa in atto. (dati del 1999)
Nell’Africa sub-sahariana lo sfruttamento dei minori è in aumento poiché è strettamente collegato al fenomeno, abbastanza recente, dei ragazzi abbandonati a causa della morte prematura di uno o di tutti e due i genitori, oppure alle migrazioni interne del Continente africano dovute soprattutto alle guerre e ai conflitti endemici. In Ruanda la guerra civile ha reso orfani oltre 100 mila bambini e si contano ormai a migliaia i bambini e i ragazzi che lavorano e vivono sulla strada nella capitale Kigali, e così in Zaire, Burundi, Angola. Molti di questi bambini svolgono attività lavorative pericolose tra cui il lavoro nelle miniere per l’estrazione di oro e di altri minerali. In Africa il movimento più importante è il Maejt (Mouvement africain des enfants et jeunes travailleurs – Movimento africano dei bambini e dei giovani lavoratori; http://www.maejt.org/), costituito da una rete di associazioni (oggi sono circa 64 associazioni presenti in altrettante città, distribuite in una ventina di Stati dell’Africa occidentale e centrale). Il movimento è nato nel 1994 e si propone di difendere i diritti dei minori che lavorano attraverso: il dialogo con le autorità, iniziative di solidarietà reciproca, e campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Le forme di sfruttamento più comuni, oltre a quello a scopi sessuali, sono: il reclutamento di bambini soldato, il traffico di bambini, il lavoro nei campi e soprattutto nelle miniere. Il colosso dell’oreficeria Tiffany ha fatto diventare la tanzanite una delle gemme più ricercate e popolari del mondo e segno distintivo di personaggi importanti, dei vip. Ma ai piccoli minatori della Tanzania arrivano solo le briciole del business: il loro guadagno medio è di soli 2 dollari al mese.
In Italia il lavoro minorile, cioè il lavoro che impiega mano d’opera di età inferiore ai 14 anni, è vietato dalla legge 977 del 1967. In Italia, secondo l’ISTAT, lavorano 144.000 bambini tra i 7 e i 14 anni e di questi, 31.500 sono da considerarsi veri e propri casi di sfruttamento ma per l’Ires –CGIL la cifra è di 400 mila bambini. In Italia la campagna “Stop Child Labour” (http://www.stoplavorominorile.it/) intende sensibilizzare ed educare la società civile sui temi dello sfruttamento del lavoro minorile, dei diritti dell’infanzia e dell’importanza dell’educazione come “soluzione” al problema.
In un mondo dove la frenesia imperversa, il tempo non si ferma e l’età infantile si accorcia sempre di più lasciando spazio all’adolescenza, i bambini devono essere tutelati e liberi di vivere la loro infanzia. La cultura di ogni genitore è fondamentale per capirne le esigenze e i passaggi essenziali della crescita. La vita è un ciclo e le tappe vanno rispettate altrimenti, strada facendo nel percorso quotidiano, le mancanze e i vuoti rattristeranno i pensieri …

“Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto: a essere contento senza motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa, e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.

Paulo CoelhoMonte Cinque, 1996″

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