Alcune delle più recenti e interessanti esperienze di pianificazione urbanistica hanno trovato attuazione nel nord Europa, in particolare in Germania e Regno Unito.
I risultati raggiunti pongono in evidenza un grado di razionalità, capacità di innovazione e, in ultima analisi, di civiltà, che in Italia è assente purtroppo ormai dall’epoca rinascimentale.
Da noi la vera pianificazione urbanistica, quella che prefigura nuovi modelli di vita, è oggi pressoché assente, inoltre spesso la politica rinuncia ad essere forte e autorevole, ponendo regole a garanzia dell’interesse di tutti, così prevalgono i grandi interessi di pochi.
I nostri urbanisti sanno bene cosa andrebbe fatto, perché conoscono i successi ottenuti a Friburgo o Middlesbrough, solo per fare due esempi, ma rinunciano in partenza a proporre simili soluzioni forse perché consapevoli delle feroci resistenze corporative che incontrerebbero, assieme ai sorrisi ironici di molti nostri politici.
Vediamo quali sono i punti cardine delle esperienze nord-europee, limitandoci a quelli essenziali:
Stop al consumo di suolo
si costruisce solo su aree dismesse, o comunque su aree già edificate da riconvertire, previa demolizione dell’esistente. Nei rari casi in cui si concede la costruzione su aree libere di completamento, incluse nel tessuto urbano esistente, gli standard pubblici e le caratteristiche di qualità/sostenibilità ambientale ed energetica prescritte sono tali da compensare largamente il poco suolo occupato.
Il vantaggio di tale politica, oltre che ambientale evidente, è anche economico per la maggioranza dei cittadini poiché, non immettendo sul mercato un eccesso di nuove costruzioni, quelle che già esistono, spesso oggetto di sacrifici famigliari enormi per averne la proprietà, mantengono il loro valore. Inoltre le aree da riqualificare ottengono l’interesse degli investitori, altrimenti distratti dalla edificazione su suolo libero.
In questo modo il nucleo originario delle città non deperisce e conserva la sua vitalità residenziale e commerciale.
Realizzazione di alta qualità ambientale
spesso si parla di alta qualità ambientale senza avere ben chiaro in quale ottica la si debba intendere. Orbene, nel nord Europa l’ottica è quella della persona a piedi, o in bicicletta, soprattutto se bambino o anziano. Tradotto in pratica significa scoraggiare culturalmente, materialmente, istituzionalmente, ogni utilizzo del veicolo a motore che non sia strettamente necessario, abbattendo gli inquinanti e la incidentalità, e quindi anche la mortalità a questi collegata.
Ecco allora che la città viene riorganizzata suddividendola in macroisolati pedonalizzati di alta qualità architettonica, ai margini dei quali sono realizzate autorimesse per i residenti e parcheggi per i visitatori. All’interno del macroisolato (o piccolo quartiere che dir si voglia) i residenti trovano i servizi fondamentali, così che gli spostamenti in auto o mezzo pubblico sono necessari solo per raggiungere servizi di tipo più specifico. Le attività commerciali primarie, lungi dall’essere penalizzate, godono di una clientela garantita. Le attività rivolte anche al transito di non residenti vengono collocate sul bordo del macroisolato.
Rivoluzione della viabilità
se decide di spostarsi in bicicletta (risparmiando soldi, non inquinando, abbattendo il colesterolo) il cittadino può contare su una intelligente rete di percorsi ciclabili protetti, che beneficiano di precedenza sui percorsi automobilistici. Per realizzare questi percorsi ciclabili il pianificatore è stato a volte costretto ad espropriare alle automobili metà della carreggiata esistente, istituendo nell’altra metà un senso unico e obbligando l’automobile a tragitti più lunghi… tuttavia l’automobilista sopporta il disagio perché sa che in questo modo suo nipote non rischia di essere investito quando va a scuola in bicicletta o a piedi.
Intorno al nucleo urbano è sempre presente una circonvallazione che permette al traffico di bypassare la città, o raggiungere una qualsiasi delle sue estremità, senza essere costretto ad attraversarla. Se qualcuno decidesse di non utilizzare la circonvallazione, e di avventurarsi con l’automobile dentro l’abitato, sarebbe costretto a mantenere una velocità media di pochi km/h, ciò grazie ai numerosi semafori posti a tutela degli attraversamenti pedonali-ciclabili, ai dossi dissuasori ogni50 m, agli autovelox fissi. Probabilmente non ripeterebbe l’esperienza perché capirebbe che le vie urbane possono essere proficuamente utilizzate solo dai residenti, oppure le utilizzerebbe solo per motivi lavorativi.
Ora confrontiamo queste esperienze, che ovviamente riteniamo esemplari, con la pianificazione e gestione urbanistica palazzolese degli ultimi anni e con le proposte del nuovo PGT. Possiamo rintracciare somiglianze?
Il consumo di suolo
centinaia di migliaia di metri cubi di nuove lottizzazioni speculative, quasi sempre su aree ex-agricole, quasi sempre di edilizia architettonicamente insignificante, con scarse prestazioni energetiche e abitative, gettate sul mercato simultaneamente, hanno ottenuto e otterranno questi risultati:
-metà degli alloggi sono tuttora invenduti e sfitti, in compenso la enorme offerta ha fatto crollare il valore degli edifici esistenti, spesso unico vero bene posseduto dai palazzolesi, a prezzo di molti sacrifici;
-molti cantieri rimasti a metà, monconi edilizi o voragini nel suolo, che deturpano la città e sprecano superficie, perché le imprese, lungi dal voler investire soldi propri, contavano di terminare la costruzione utilizzando i soldi di coloro che avrebbero acquistato sulla carta, soldi che non sono mai arrivati;
-gli interventi di recupero sulle aree dismesse, gli unici che avrebbero dovuto essere autorizzati, viste le condizioni del mercato sono naturalmente bloccati.
-il nucleo storico, per gli stessi motivi, fatica a conservare vitalità e mostra parti in condizione di fatiscenza anche strutturale, complice anche il paradossale regime di iper-tutela normativa a cui è sottoposto.
Per contro sono stati a volte proibiti piccoli interventi di completamento ad uso famigliare, ma ciò è comprensibile, in questi casi il gettito di oneri per le casse comunali sarebbe stato modesto.
La qualità ambientale
i pochi macroisolati con limitazioni di accesso veicolare, protetti da inquinamento e incidentalità, sono privati: aree recintate riservate ai residenti in lotti unifamigliari di alto livello. Il resto della città è percorribile dal traffico automobilistico in modo capillare poiché il cittadino medio esige di spostarsi in auto anche nei brevi tragitti, di parcheggiare a pochi metri dall’ingresso dei negozi, di posteggiare in autorimesse sottostanti la propria camera da letto.
Questo modello urbanistico non fa parte della tradizione europea, è mutuato dagli americani, e prevede che la maggior parte dei servizi essenziali non sia raggiungibile a piedi.
Il centro commerciale l’abbiamo inventato in Europa (ad es. Galleria V.Emanuele a Milano) ma era incluso nella città, ora lo collochiamo ai margini di essa e a volte in aperta campagna.
Anche l’ambito urbano che meglio si presterebbe a divenire, o meglio ridivenire, un macroisolato ad alta qualità ambientale, il centro storico, ha dovuto arrendersi alle miopi resistenze dei commercianti, puntualmente assecondate dalle amministrazioni comunali.
La viabilità
una rete valida di percorsi ciclabili protetti è assente. I pochi tratti esistenti sono talmente poco integrati con il tessuto urbano che sembrano dei campioni esposti in una fiera. L’unico tragitto ciclabile senza interruzioni, ma scarsamente protetto e strutturato, è quello che collega Palazzolo con il lago d’Iseo, ma esso non ha valore di servizio negli spostamenti urbani, è concepito per i ciclisti della domenica.
Quando si propose di obbligare le nuove lottizzazioni a dotarsi di percorsi ciclabili protetti, integrati l’un l’altro in un disegno organico, la risposta fu che le biciclette potevano utilizzare i marciapiedi pedonali.
Il centro abitato è interessato da assi di traffico di attraversamento che non viene scoraggiato in alcun modo. Lunghi rettilinei urbani sono privi di dossi dissuasori o di semafori al servizio dell’attraversamento pedonale-ciclabile, con il risultato che si assiste ad alcuni transiti con velocità prossime ai100 km/h. Quando il fenomeno fu fatto presente alle autorità esse risposero che “ciò che conta è la velocità media dei transiti” (sic).
Anche numerosi incroci urbani storici, in cui si assiste ad elevata incidentalità, sono privi di semaforo. In alcuni casi si è pensato superficialmente di risolvere il problema con la installazione di rotatorie, non comprendendo che in questo modo si occupa lo spazio pubblico con una struttura ad uso esclusivo dell’automobile, decretando fisicamente, in modo irreversibile, il suo predominio. Altro che scoraggiarne il transito.
Infine Palazzolo non è dotata di circonvallazione, è dotata di tangenziali extraurbane. La differenza si comprende quando si cerca di raggiungere rapidamente l’estremità nord della città senza attraversare zone abitate, semplicemente non è possibile, a meno di sconfinare in territorio di Cologne o di Castelli Calepio. Il motivo è che tratti di circonvallazione previsti non sono ultimati (sottopassaggio della ferrovia al margine est dell’abitato e relativo tratto stradale di raccordo con Via Brescia), oppure non sono nemmeno previsti (raccordo Via Sabotino – Via Romana – Via Valle Calepio).
E’ necessario ammettere che ci vorrà ancora tempo e impegno per cambiare la nostra urbanistica. Presto o tardi ci riusciremo perché siamo probabilmente la più nobile delle nazioni, tuttavia il Rinascimento, per ora, parla tedesco e inglese.
Arch. Roberto De Giorgis
Il termine cambiamento per l’Italiano medio è un termine negativo…
La causa, parere del tutto personale, è la navigazione a vista, priva di ogni programmazione, che le amministrazioni hanno compiuto sino ad oggi…
Il P.G.T. dovrebbe analizzare ogni settore, per “disegnare” una città funzionale ed efficiente …
Ottimo articolo!