scritto da dott. Mirko Bertoldi
3 SETTEMBRE 1967
Smettere di pedalare, fermarsi, voltarsi, contemplando cosa si è lasciato alle spalle non è mai stato nella mia mentalità.
Ho il rigetto di quanto vedo intorno a me , la stragrande maggioranza delle persone vive di proclami, promesse, dimenticandosi di fare i fatti.
Le parole fondalmentalmente sono gratuite, si passono giorni a controbattere, insultare e millantare, con il solo risultato di perdere tempo. Poi, guardando da esterno la quotidianità, dico che, almeno un tempo, lo si faceva con stile; ora le latrine di facebook e ask forniscono pure agevoli nascondigli agli eunuchi dallo sputtanamento e iperbole facili.
Semplicemente si deve lavorare duro e fare i fatti, chiari, oggettivi, incontrovertibili, che urlano al mondo come stanno le cose, senza che nemmeno tu debba pubblicizzarlo.
Oggi è una data significativa per me, e, se scendo per un attimo dal sellino, non è per sorridere beffardo a chi è rimasto indetro. No, ho il vizio di continuare per me stesso, a pedalare, con molta caparbietà, quindi, chi è rimasto indietro, ormai, è fuori dal campo visivo.
Mi fermo per tirare le somme. Per capire cose giuste, sbagliate. Per migliorare. Per ripartire tra 5 minuti più carico di prima.
Un’oretta a sbirciare qualche profilo, e ho capito che ci avevo sempre visto giusto: millantatori, bugiardi, deboli, tutto era come avevo immaginato.
Ora capisco chiamate degli ultimi mesi cui non ho degnato di una risposta, mail, messaggi cestinati prima di aprirli. Non è orgoglio, è l’endemica penuria di tempo, che mi costringe a non dare terze o quarte chances. E, soprattutto, la non volontà di sentirmi stucchevoli “avevi ragione”.
Realizzo anche quanto ho corso in tre anni. Le persone speciali che ho incontrato (e che amo ringraziare evitando pubblici proclami), quelle che ho sempre avuto accanto a me, quelle che correndo ho travolto non dedicando loro quanto avrebbero meritato. Specialmente ce n’è una, che capirà.
Ma mi devo pure tirare le orecchie: vedo nei momenti negativi, specialmente quelli pesanti, le più grandi opportunità. E’ un modo per non somatizzare quanto ti capita, ma è soprattutto una visione che sento mia: quando ciò che ti circonda viene raso al suolo, quello è il momento migliore, avendone le forze, per una grande crescita. Perchè ricostruire periodicamente da zero il proprio mondo, in modo ordinato, partendo dalle fondamenta, da nuove esigenze, è sicuramente vicente rispetto al ristrutturare e manutenere in continuazione. Bisogna avere coraggio, ma ogni tanto si deve trovare la forza per fare cambiamenti radicali, per dare ascolto a quello che si sente, che si prova, ma che non si vuole mettere in atto per le conseguenze che impone.
Per questo mi tiro le orecchie : saper demolire ciò che non va, da soli, senza dover attendere la sventura, il terremoto di turno, è la differenza tra uno strenuo lavoratore, per quanto capace, indefesso e caparbio, e un grande uomo.
Dimenticavo, cosa successe il 3/9/1967? Gli svedesi dimostrarono cosa significa avere il coraggio di cambiare.
Dopo una preparazione certosina, alle 4:50 del mattino passarono dalla guida a destra a quella a sinistra. Ragionateci, non è cosa da poco, ma lo fecero.
per chi volesse qualche informazione sull’operazione : http://www.volvoclub.org.uk/history/driving_on_right.shtml
molto bello