Il paragone fra l’Italia nazione e l’Italia nazionale, è sulla bocca di tutti. Anima i talk show, tiene occupati i giornalisti e fomenta le discussioni nei bar del paese. Lo stivale affonda, sotto i colpi dell’Europa, la nazionale affonda sotto i colpi della Costa Rica, prima, e dell’Uruguay poi.
Una nazionale debole come il suo Stato, pronto a chinarsi, in ogni posizione, pur di difendere gli interessi dell’Europa. Uno Stato disponibile a farsi comandare dalla Merkel, donna che pone in primis l’interesse del popolo tedesco, e di cui la sua nazionale ne rispecchia alla perfezione l’anima per la grinta e la tenacia con cui affronta le partite.
La struttura come abbiamo visto è molto simile: spendiamo un fottìo di soldi per la politica italiana, ne abbiamo spensi altrettanti per la trasferta in Brasile. La squadra che ha speso di più in assoluto, circa 4 milioni e mezzo di euro, in una località Mangaratiba lontana da qualsiasi stadio e con un clima differente rispetto alle località dove erano situati gli stadi che ci avrebbero ospitati. Non contenti abbiamo pensato di fare andare pure le famiglie, tanto in Italia non c’è la necessità di risparmiare due soldi per i nostri disoccupati, inoccupati o in cerca di lavoro..
Una nazione di una certa rilevanza avrebbe sicuramente evitato di fare giocare la propria nazionale, in 7 giorni, sia a Natal che a Manuas, o quanto meno avrebbe chiesto di fare giocare i propri giocatori non sempre alle 13 locali -2 partite su 3-, con 35 gradi e una umidità del 90%, contro squadre americane e quindi sicuramente più abituate. Il 90% di umidità equivale al “bagno turco” che si trova all’interno delle palestre, ti fa percepire una temperatura di 50 gradi e ti fa sudare stando fermo. Curioso come il “cooling break” sia stato negato agli azzurri e concesso alla sfida Olanda-Messico. E’ un appunto malizioso che non vuole minimamente apparire come una scusante per la debacle azzurra e di cui gli atleti e i commissari sono i principali responsabili. Precisiamo che i giocatori dell’Algeria, durante il Ramadan, hanno corso come gli azzurri in 3 partite.. quindi ..
Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre.
di Winston Churchill
Nel marasma generale ci sono i protagonisti: da Monti a Letta fino a Renzi in politica, da Prandelli a Abete fino a Balotelli in nazionale. Personaggi controversi che nella maggior parte dei casi predicano bene ma a casa di risultati positivi ne hanno portati ben pochi. Poi arrivano Blatter e Platini, paragonabili a Barroso e Von Rompuy, ciò che dice la Fifa è legge, cosi come l’Europa.
I loro investitori hanno priorità su tutto ivi compresa sulla vita dei poveri brasiliani. Investimenti milionari nella forseta tropicale per stadi che ospiteranno 5 partite. A latere baraccopoli distrutte per fare spazio a gru e ruspe. I media tentano di oscurare questo scempio che grazie al web è ben visibile.
Tecnicamente Mister Cesare Prandelli, non ha azzeccato una sola scelta: ha puntato tutto su Balotelli pensando di fare un mondiale con solo 2 prime punte di ruolo. Ha lasciato a casa Destro e Rossi che sarebbero sicuramente serviti e difensori esterni di ruolo come Criscito, adattando centrali con i piedi da carpentieri come Chiellini, in ruoli delicati. Ha convocato giocatori come Thiago Motta e Cassano, facendoli sempre entrare, che hanno corso meno di uno dei paletti del Parco dell’Oglio; per un momento sembravano la coppia Fini-Berlusconi, tante chiacchiere davanti alla Tv ma poche azioni degne di nota. Ha snobbato esterni di qualità come Cerci e Insigne, preferendo una tattica ad una sola punta, che ha da subito mostrato lacune tattiche e divergenze fra le caratteristiche dei giocatori arruolati e gli intenti dell’allenatore. Aggiungiamo che i titolari sono quasi sempre stati quelli e visto il clima era auspicabile non ricommettere l’errore della finale europea contro la Spagna, dove per gratitudine ha messo in campo una squadra scoppiata che ha perso 4-0. Schierare 11 giocatori diversi fra la prima e la seconda partita ci avrebbe dato più freschezza. Invece abbiamo voluto testare la modalità “fish” dei nostri atleti che dopo 25 minuti stavano boccheggiando e non per astinenza da “paine”.
I “senatori” non possono e non devono scaricare il barile del fallimento contro Balotelli che non può e non deve essere il capro espiatorio del fallimento brasiliano. Il calcio è un gioco di squadra dove si vince insieme e si perde insieme. Probabilmente il gruppo non c’era ma comunque le colpe devono essere equamente distribuite. Mario è sempre stato cosi: un giocatore forte a sprazzi, con colpi sporadici, di grande impatto mediatico, determinante 2 partite su 10, con un buon tiro ma zero movimenti da prima punta. Evidentemente affiancato da persone troppo legate al business e poco innamorate del proprio lavoro, il superMario nazionale è questo: un giocatore di buon livello che non è in grado di trascinare da solo una squadra. Una squadra costruita attorno ad un pilastro fragile, può avere dei cedimenti più o meno attesi. Qui il crollo è stato repentino ma scontato.
Il calcio è un mondo bellissimo e anche strano, una specie di pianeta in una galassia remota, piena di contrasti, privilegi e trappole. In questo pianeta circola gente strana, che cerca di sfruttare il calciatore senza curarsi minimamente di lui come persona. di Alessandro Del Piero
La squadra pare in linea con i valori moderni della nostra società: politici incapaci, giovani piagnoni, sbruffoni e pesantemente sopravvalutati e auto-referenziali, adulti senza spina dorsale che non hanno colpevolmente saputo educare i figli e che non hanno il coraggio di riprendere pubblicamente i giovani durante la vita di tutti i giorni e valori etico-morali snobbati con il Dio denaro priorità di una vita improntata sull’avere e non sull’essere..
Non hanno versato una goccia di sudore, proveniente dall’impegno, per rappresentare degnamente la propria nazione e i propri connazionali. Svogliati e disuniti hanno rotto l’incantesimo dell’unico momento in cui il popolo italiano è unito al 100% e pronto ad esultare per una gioia comune. Hanno sostanzialmente seguito le orme dei politici..
Forse uno dei guai dell’Italia è proprio questo, di avere per capitale una città sproporzionata per nome e per storia, alla modestia di un Popolo che quando grida “forza Roma” allude solo ad una squadra di calcio.
di Idro Montanelli
Perse le 2 partite decisive, il Mister e il Presidente della Figc si dimettono. Atto inusuale nel belpaese. I senatori si scagliano contro la “pecora nera” e la stampa parte con la novella del calcio italiano che fu. Un processo al sistema calcistico italiano, partono con i soliti slogan: “troppi stranieri”, “settori giovanili”, “stadi”, “champions non contiamo” ecc.. nulla di nuovo.
Nulla di nuovo, nel senso che l’italiano medio tende a coprire fallimenti con scuse che non stanno ne in cielo ne in terra. Un fallimento che ha nomi e cognomi. Una sconfitta meritata sia tatticamente che tecnicamente. Nella vita si può perdere, l’importante è accettare la sconfitta. In Italia ciò non accade.
L’eleminazione di Spagna, Inghilterra e Portogallo dimostrano come il termometro dell’andamento delle italiane nelle coppe europee non sia affidabile e per dimostrare alla stampa che in Italia giovani validi giocano, mostriamo 24 convocazioni alternative: Perin, Scuffet, Consigli, Criscito, Darmian, De Sciglio, Peluso, Astori, Ranocchia, Rossettini, Cacciatore, Verratti, Poli, Bertolacci, Cristante, Bonaventura, Parolo, Candreva, El Shaarawy, Berardi, Rossi, Immobile, Gabbiadini, Borini..
Medesimo discorso si può fare in politica, dove la gerontocrazia domina sui giovani vogliosi di portare linfa nuova ad una causa distante anni luce da tutto e tutti.
Il Calcio italiano non è in crisi, sono in crisi i valori del calcio italiano. Una volta il calcio era un hobby, per divertirsi fra amici. Vi era il sogno della seria A, ambito si, ma non una ossessione. Oggi il business è primario: le televisioni dettano legge perché comandano i soldi, i tifosi sono un contorno che i potenti definiscono “in più”, gli stadi sono relativi tanto le telecamere le mettono ovunque e la Fifa di Blatter e Platini fa di tutto per primeggiare imponendo regole e leggi sulla testa delle società e degli atleti.
Il calcio, oggi, è sempre più un’industria e sempre meno un gioco. di Zdeněk Zeman
Meglio le categorie basse, dove gli anziani vanno allo stadio ancora con la radiolina per ascoltare i risultati della seria A mentre guardano i ragazzi del paese che inseguono un pallone, che effettuano i classici riti di scaramanzia iniziali senza pressioni alcune, come: allacciarsi le scarpe sempre allo stesso modo, salutare prima di entrare nello spogliatoio la propria fidanzata, mettere sempre la stessa maglietta e/o mutande sotto la muta ufficiale, bagnarsi i capelli prima di entrare, fare sempre gli stessi scatti in sequenza prima della partita, fare la foto ufficiale girati dall’altra parte perché 10 anni fa ha portato bene.. ecc, ecc
Un po’ come le discussioni di politica al Bar, dove fra un calicino o uno spritz ci si confronta anche animatamente per terminare sempre con brindisi comune, in attesa del posticipo domenicale della Big Match della seria A.
Il calcio salute, il calcio è sport, il calcio è vita! Torniamo a riviverlo e torneremo sicuramente a capire il perché quando non c’è, ne sentiamo la mancanza.
Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. di Pier Paolo Pasolini, su L’Europeo, 1970
Alessandro Mingardi
Link di approfondimento:
http://www.bresciatoday.it/sport/lettera-risposta-balotelli-facebook.html
http://vincenzomurgolo.blogspot.it/2014/06/gaudeamus-igitur-ma-con-moderazione.html?spref=fb
http://giovannacosenza.wordpress.com/2014/06/25/perche-sono-felice-che-litalia-abbia-perso/
http://www.calciomercato.com/news/fallimento-azzurro-ma-non-e-la-fine-del-mondo-ecco-da-dove-si-pu-409445
Sintetizzerei con questo video la tradizionale sobrietà e lungimiranza di Casa Italia.